Alzheimer, nuovo possibile farmaco
Un nuovo possibile farmaco contro l’Alzheimer da uno studio condotto dalle Università di Scienza e Tecnologia di Hong Kong e di Glasgow
È stato identificato un possibile nuovo farmaco contro l’Alzheimer, che agisce sul declino mentale causato dalla malattia; alla base di questo farmaco c’è la molecola interleuchina-33 (IL-33), già nota agli esperti per le sue funzioni antinfiammatorie.
I risultati sono frutto di un studio condotto da Nancy Ip dell’Università di Scienza e Tecnologia di Hong Kong e da Eddy Liew dell’Università di Glasgow, e sono stati pubblicati sulla rivista dell’Accademia Nazionale Americana delle Scienze, PNAS.
L’Alzheimer è una malattia neurodegenerativa progressiva che colpisce il cervello e causa una graduale perdita delle funzioni cognitive, della memoria e delle capacità di apprendimento. È la forma più comune di demenza e colpisce principalmente le persone anziane, anche se può insorgere in età più giovane.
Le cause precise dell’Alzheimer non sono ancora completamente comprese, ma si ritiene che siano il risultato di una combinazione di fattori genetici e ambientali. La malattia è caratterizzata dalla formazione di placche e grovigli di proteine anomale nel cervello, che danneggiano le cellule nervose e interferiscono con la comunicazione tra esse.
Nel cervello dei pazienti, infatti, sono presenti depositi abnormi di proteina beta-amiloide che intossicano i neuroni e disturbano la loro comunicazione. Nel cervello malato sono in atto processi infiammatori altrettanto tossici per i neuroni. Gli esperti sono partiti dall’evidenza che nei pazienti vi è una funzionalità ridotta dell’interleuchina-33 e del suo recettore specifico, ed hanno così provato a verificare, su animali malati di Alzheimer, l’effetto di iniezioni di interleuchina-33.
I ricercatori hanno visto che in risposta a questa ‘terapia sperimentale’ nei topolini con demenza si riducono i sintomi cognitivi e il deficit di memoria; contemporaneamente nel loro cervello risultano ridotti i danni neuronali, i depositi di beta-amiloide e lo stato patologico infiammatorio associato con la malattia. ”Nel loro insieme – scrivono gli autori su PNAS – i nostri risultati dimostrano un potenziale ruolo terapeutico per interleuchina-33 nell’Alzheimer”.
Fonte: Popular Science