Alzheimer primi segnali di allarme

Primi segnali di allarme per l’insorgere di malattie come Alzheimer o demenza senile.

Nonostante le caratteristiche delle malattie da declino cognitivo siano differenti da persona a persona, è possibile individuare dei sintomi precisi che, se correlati ad altre manifestazioni o difficoltà, possono rappresentare dei segnali importanti di un declino cognitivo in corso. Vediamo nel dettaglio quali possono essere i primi segnali di allarme.

Perdita di memoria
Uno dei segnali più evidenti e precoci di una malattia neurodegenerativa è senza dubbio la perdita della memoria.
Si tratta di un sintomo che si manifesta, soprattutto all’esordio, con una considerevole difficoltà nel ricordare eventi anche molto recenti. Piccoli lapsus di memoria fanno parte del normale invecchiamento, ma se si tratta di eventi frequenti e importanti, spesso sottolineati persino da familiari o amici, è il caso di approfondirne le cause.

Disorientamento Spazio-temporale
Quando non si ha più la capacità di riconoscere luoghi o percorsi familiari, oppure si fa fatica a percepire lo scorrere del tempo in maniera corretta, potrebbe trattarsi di un tipico sintomo di declino cognitivo. Non si tratta semplicemente di perdere gli occhiali o di mostrarsi confuso in luoghi non frequentati abitualmente, ma di situazioni come perdersi lungo la strada di casa o di dimenticare come si è arrivati in un dato luogo.

Deficit del linguaggio
Dal deficit di denominazione degli oggetti, all’ impoverimento del vocabolario utilizzato e ricorso a frasi stereotipate, fino alla perdita della corretta espressione verbale dei pensieri: il deficit del linguaggio rappresenta un altro importante segnale di un declino cognitivo.
A tutti può capitare di avere in mente una parola precisa che si vuole utilizzare ma che non sovviene (il classico “Ce l’ho sulla punta della lingua!”); ben diverso è, invece, il caso in cuici si interrompe a metà senza avere idea di come proseguire nel discorso.

Cambiamenti del tono dell’umore e della personalità
Frequenti sono anche alterazioni della personalità: possono palesarsi come disinteresse per i propri hobby oppure come cambiamento del tono dell’umore. Talvolta l’inizio della malattia è contrassegnato dalla sospettosità nei confronti di altre persone, accusate di sottrarre oggetti o cose che il malato non sa trovare.

Difficoltà visive
Troppo spesso trascurate, le difficoltà visive pur essendo legate all’invecchiamento, possono essere risolte senza problemi con una visita oculistica. Quando invece persistono problemi legati alla percezione spaziale o al riconoscimento di parole, lettere o colori, potrebbero essere necessari esami più approfonditi.

Consigli per i familiari di anziano con demenza

Avere un rapporto di qualità con un anziano affetto da demenza non è facile: oltre le migliori terapie, conta la gentilezza e l’amore.

Sono tanti gli ostacoli nell’interazione con un anziano affetto da demenza senile: a causa del declino cognitivo, l’anziano ricade spesso in una condizione di seria invalidità, spesso complicata da disturbi comportamentali che possono rendere problematica e frustrante la comunicazione.
Tuttavia, far sentire l’anziano accolto ed ascoltato non è impossibile. Con alcuni accorgimenti, il ruolo del caregiver può essere facilitato e contribuire anche a migliorare il benessere complessivo dell’anziano.

Riorganizzare gli spazi domestici
Sul fronte pratico, un primo aspetto di cui tenere conto è l’abitazione. È fondamentale che gli ambienti in cui vive l’anziano affetto da demenza siano più sicuri e organizzati possibile: assicuratevi di eliminare tutti gli ingombri e le situazioni che possono facilitare il rischio di caduta; i mobili possono offrire un appoggio sicuro nel percorso dell’anziano; vanno applicati dispositivi antiscivolo nella vasca, sul pavimento e sui gradini; sedie, poltrone e divani devo essere stabili, non troppo bassi e privi di cuscini che possano scivolare e facilitare cadute.

Coltivare le abitudini
Gli anziani affetti da demenza senile soffrono molto del cambiamento di luoghi e di abitudini. Allo scopo di evitare stress e traumi è quindi opportuno conservare un ambiente familiare, riconoscibile e noto, nel quale sia semplice ricordare la collocazione degli oggetti e le stanze in cui si svolgono le attività quotidiane. Anche i trasferimenti associati alle vacanze sono preferibilmente da evitare perché impongono all’anziano la permanenza in un contesto estraneo che ne stravolge completamente l’orientamento spazio-temporale, con effetti negativi che si ripercuotono sulla sua funzionalità anche dopo il ritorno al domicilio abituale.

Come interagire in modo efficace
Per comunicare con un anziano affetto da demenza, occorre essere pazienti, gentili ed accoglienti, ed utilizzare un tono di voce calmo e pacato. Ricorda sempre che eventuali reazioni negative da parte dell’anziano malato sono da imputare alla malattia e non hanno nulla a che vedere con chi l’anziano sta interagendo. Inoltre, è importante essere pazienti e non aspettarsi risposte rapide e precise.
Usa parole semplici e frasi brevi e dirette, evitando perifrasi, modi di dire, metafore, costruzioni retoriche, che l’anziano faticherebbe a seguire. Mentre si parla, inoltre, bisogna guardarlo negli occhi, accompagnando il discorso con una gestualità che aiuti la comprensione. I concetti espressi devono essere il più possibile affermativi, evitando frasi con negazioni o doppie negazioni che tendono a generare confusione. Dopo avergli posto una domanda, gli si deve lasciare il tempo di rispondere, senza subentrare con un secondo quesito o proseguire il discorso per riempire il silenzio.

Non dimenticare la salute del caregiver
Occuparsi di assistere un caregiver ha un peso importante in termini fisici e psicologici. È importante ritagliarsi del tempo per recuperare e prendersi cura di se stessi, senza pensare che ciò possa essere un gesto egoista: si tratta infatti di una strategia indispensabile per riacquisire le energie fisiche e mentali ed evitare di andare incontro a fenomeni di burn out.
Se hai un caro affetto da demenza senile e cerchi una struttura attrezzata, sicura e completa di uno staff professionale e dedicato, rivolgiti alla Domus Santa Rita.
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Alzheimer, negli occhi i primi segni visibili della malattia: speranze per diagnosi precoce da visita oculistica

Un nuovo studio statunitense ha evidenziato che il morbo di Alzheimer e il declino cognitivo causano specifiche alterazioni sulla retina. Sarà dunque possibile effettuare un test diagnostico precoce grazie a una semplice visita oculistica.

Una semplice visita oculistica potrebbe aiutare i medici a diagnosticare con precisione e precocemente il morbo di Alzheimer: la ragione risiede nel fatto che la retina, “affacciata” sul sistema nervoso, presenta delle caratteristiche alterazioni in pazienti affetti dalla patologia neurodegenerativa e con declino cognitivo. Tali anomalie sono state osservate anche in persone senza tali disturbi; secondo gli studiosi potrebbero essere un segnale precoce di Alzheimer, i cui sintomi, del resto, si manifestano decenni dopo l’avvio del processo di degenerazione neuronale. La speranza è che si possa arrivare a un test diagnostico standardizzato in grado di identificare il morbo allo stadio iniziale e approntare tutti i percorsi terapeutici in grado di rallentarne il decorso. Ad oggi, purtroppo, si tratta ancora di una malattia incurabile.

Lo studio appartiene ad un team di ricerca internazionale guidato da scienziati statunitensi del Maxine Dunitz Neurosurgical Research Institute del Cedars-Sinai Medical Center di Los Angeles, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi della Facoltà di Medicina, Salute e Scienze Umane dell’Università Macquarie di Sydney (Australia), dell’European Brain Research Institute (EBRI) di Roma, del Queensland Brain Institute e di altri istituti. Gli scienziati hanno condotto un’approfondita indagine istopatologica e biochimica della retina e dei tessuti cerebrali di 86 donatori deceduti: i campioni sono stati raccolti nell’arco di 14 anni da pazienti con Alzheimer conclamato e vari livelli di deterioramento cognitivo. In questo modo è stato possibile confrontare lo stato patologico dei tessuti e metterlo in relazione con la funzione cognitiva, da normale a gravemente compromessa dall’Alzheimer.

“Il nostro studio è il primo a fornire analisi approfondite dei profili proteici e degli effetti molecolari, cellulari e strutturali dell’Alzheimer nella retina umana e di come corrispondono ai cambiamenti nel cervello e nella funzione cognitiva”, ha spiegato la professoressa Koronyo- Hamaoui. “Questi risultati potrebbero alla fine portare allo sviluppo di tecniche di imaging che ci consentono di diagnosticare l’Alzheimer prima e in modo più accurato e di monitorare la sua progressione in modo non invasivo guardando attraverso l’occhio”. ha chiosato la neurochirurga. Un recente studio ha dimostrato che la comune forma di demenza potrebbe essere diagnosticata anche attraverso un esame del sangue. I dettagli della ricerca “Retinal pathological features and proteome signatures of Alzheimer’s disease” sono stati pubblicati sulla rivista Acta Neuropathologica.

Alzheimer, nuovo possibile farmaco

Un nuovo possibile farmaco contro l’Alzheimer da uno studio condotto dalle Università di Scienza e Tecnologia di Hong Kong e di Glasgow

È stato identificato un possibile nuovo farmaco contro l’Alzheimer, che agisce sul declino mentale causato dalla malattia; alla base di questo farmaco c’è la molecola interleuchina-33 (IL-33), già nota agli esperti per le sue funzioni antinfiammatorie.
I risultati sono frutto di un studio condotto da Nancy Ip dell’Università di Scienza e Tecnologia di Hong Kong e da Eddy Liew dell’Università di Glasgow, e sono stati pubblicati sulla rivista dell’Accademia Nazionale Americana delle Scienze, PNAS.

L’Alzheimer è una malattia neurodegenerativa progressiva che colpisce il cervello e causa una graduale perdita delle funzioni cognitive, della memoria e delle capacità di apprendimento. È la forma più comune di demenza e colpisce principalmente le persone anziane, anche se può insorgere in età più giovane.

Le cause precise dell’Alzheimer non sono ancora completamente comprese, ma si ritiene che siano il risultato di una combinazione di fattori genetici e ambientali. La malattia è caratterizzata dalla formazione di placche e grovigli di proteine anomale nel cervello, che danneggiano le cellule nervose e interferiscono con la comunicazione tra esse.

Nel cervello dei pazienti, infatti, sono presenti depositi abnormi di proteina beta-amiloide che intossicano i neuroni e disturbano la loro comunicazione. Nel cervello malato sono in atto processi infiammatori altrettanto tossici per i neuroni. Gli esperti sono partiti dall’evidenza che nei pazienti vi è una funzionalità ridotta dell’interleuchina-33 e del suo recettore specifico, ed hanno così provato a verificare, su animali malati di Alzheimer, l’effetto di iniezioni di interleuchina-33.

I ricercatori hanno visto che in risposta a questa ‘terapia sperimentale’ nei topolini con demenza si riducono i sintomi cognitivi e il deficit di memoria; contemporaneamente nel loro cervello risultano ridotti i danni neuronali, i depositi di beta-amiloide e lo stato patologico infiammatorio associato con la malattia. ”Nel loro insieme – scrivono gli autori su PNAS – i nostri risultati dimostrano un potenziale ruolo terapeutico per interleuchina-33 nell’Alzheimer”.

Fonte: Popular Science

Alzheimer, quando è il momento di chiedere aiuto

Se provassimo a immaginare tutte le informazioni che assimiliamo ogni giorno, consciamente e inconsciamente, e tutti i momenti vissuti e i ricordi costruiti come una serie di appunti di un block-notes custodito dal nostro cervello, cosa succederebbe se d’improvviso questi venissero cancellati?
S’avvierebbe un declino cognitivo che nella maggior parte è giustificabile dall’avanzare dell’età ma in altri casi è imputabile ad una condizione irreversibile chiamata Alzheimer.
Per continuare l’analogia, se col tempo alcuni appunti del block-notes venissero cancellati per far spazio ad altri, ciò potrebbe essere considerato normale poiché il cervello seleziona informazioni importanti e archivia quelle che ritiene superflue e questo processo si intensifica con l’avanzamento dell’età.
Se, al contrario, molti appunti del block-notes venissero archiviati senza distinzione di importanza, comportando la perdita di informazioni necessarie per svolgere attività anche abitudinarie, allora il declino cognitivo potrebbe avere una causa più profonda individuabile nell’Alzheimer.

I primi danni a carico della memoria spaziale e di quella associativa
L’Alzheimer, così come altre malattie neurodegenerative, è molto subdola e i primi episodi realmente invalidanti tendono a verificarsi solo dopo anni, per cui il paziente spesso si rivolge tardivamente al medico di famiglia o allo specialista.
I disturbi iniziali interessano la memoria spaziale e quella associativa, che subiscono deficit in seguito ad alterazioni neuropatologiche a carico dell’ippocampo e del precuneus.
Per memoria spaziale si intende la capacità di ricordare informazioni relative alla posizione e alla disposizione degli oggetti nello spazio. Ad esempio, la memoria spaziale ci permette di ricordare dove abbiamo parcheggiato la macchina, come si arriva da un determinato posto e dove si trovano gli oggetti in una stanza. Quella associativa, invece, si riferisce alla capacità di associare informazioni tra loro. Ad esempio, se si associa un nome a un volto, quel nome viene associato al volto e quindi facilmente ricordato. Questo tipo di memoria ci aiuta anche a riconoscere schemi e relazioni tra le informazioni, come ad esempio i fatti storici o scientifici.
Entrambi questi tipi di memoria sono importanti per la capacità di apprendere e di ricordare informazioni. La memoria associativa può aiutare a creare connessioni tra informazioni diverse, mentre la memoria spaziale ci aiuta a orientarci nell’ambiente che ci circonda e a ricordare dove abbiamo visto o lasciato qualcosa.
Nel processo degenerativo dell’Alzheimer, ad essere divorati dalla malattia non sono solo i ricordi ma anche le persone, sia chi ne è affetto e sia chi gli sta vicino, e uno degli aspetti più destabilizzanti è la perdita di memoria delle persone che si amano.

Perdere la memoria delle persone amate
Non ricordare più chi ogni giorno ha fatto e fa parte della propria vita può essere estremamente difficile e doloroso e potrebbe causare sentimenti di solitudine, tristezza, frustrazione e depressione.
La persona che soffre di Alzheimer potrebbe sentirsi confusa e disorientata, non riconoscendo i propri cari o non ricordando i momenti importanti condivisi insieme. Questo può causare un senso di perdita e di isolamento.
Mentre, per i familiari e gli amici, vedere una persona amata coinvolta in un processo degenerativo di perdita di memoria può essere altrettanto difficile. È facile sentirsi impotenti, tristi e frustrati per non essere in grado di aiutare la persona amata a ricordare. Inoltre, non essere riconosciuti da un affetto può causare un forte senso di perdita e lutto.
In generale, perdere la memoria delle persone che si amano può essere un’esperienza estremamente difficile per entrambe le parti coinvolte e può causare una serie di emozioni negative. È importante che le persone che soffrono di questa condizione ricevano supporto e comprensione da parte dei loro cari e che i familiari e gli amici ricevano supporto per gestire questa difficile situazione.

L’importanza del supporto di case di riposo specializzate
Affidarsi ad una casa di riposo specializzata per l’Alzheimer può essere molto importante perché queste sono in grado di offrire una vasta gamma di servizi e trattamenti specifici per questa malattia.
Le case di riposo per Alzheimer, infatti, offrono un ambiente sicuro e protetto in cui ricevere cure e assistenza specializzate.
Inoltre, possono fornire un ambiente sociale stimolante per i residenti, che può aiutare a rallentare il declino cognitivo e migliorare la qualità della vita.
La scelta di affidarsi ad una casa di riposo per la cura dell’Alzheimer può essere, però, difficile.
Infatti, quando sono i parenti a dover prendere decisioni importanti per un caro affetto da Alzheimer, scegliere la casa di riposo è percepito da alcuni al pari di un abbandono. In questi casi, pur di assistere a casa la persona amata, si possono instaurare situazioni complicate e disagio dovute alla mancata preparazione all’assistenza di un malato di Alzheimer.
Solo quando il carico si fa insostenibile, ci si senti ‘in diritto’ di potersi affidare ad una struttura specializzata senza auto-incolparsi di abbandono ma spesso con risentimento che compromette di negatività questa scelta.
Pertanto, è necessario che i primi ad abbracciare la convinzione che si tratti di una scelta positiva per il proprio caro siano proprio i parenti.

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Alzheimer, in arrivo il farmaco che rallenta la malattia

Presso gli Stati Uniti è stato da poco approvato il primo farmaco che non solo riduce i sintomi, ma rallenta l’Alzheimer. Un risultato incoraggiante, che presto raggiungerà anche l’Europa.

Si chiama Leqembi il nuovo farmaco appena approvato dalla FDA (Food and Drug Administration, l’ente che regola i farmaci negli Stati Uniti) e sarà presto utilizzato per ridurre i sintomi e rallentare l’avanzare dell’Alzheimer.

Si tratta di una vera e propria rivoluzione, in quanto fino ad ora, nonostante l’aumento delle diagnosi, non era mai stato possibile agire sul corso della malattia, ma solo sui sintomi.

Elio Scarpini, Professore di Neurologia, già Direttore del Centro Alzheimer e Sclerosi Multipla “Dino Ferrari” dell’Università di Milano – IRCCS Fondazione Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, spiega: «In fase di studio 2 si erano già vista la capacità di questo farmaco nel rimuovere l’amiloide, ossia la proteina responsabile dei sintomi dell’Alzheimer a livello cerebrale. In fase 3, invece, è emersa anche l’efficacia da un punto di vista cognitivo e funzionale nei pazienti affetto dal morbo: analizzando un grande numero di pazienti è stato dimostrato in modo statisticamente significativo il beneficio nel rallentamento del decadimento cognitivo ed è la prima volta che accade».

La FDA ha quindi dato il via ad ulteriori studi sul farmaco, e sia in Giappone che in Europa, lo studio sarà esaminato dagli enti regolatori quali l’EMA, già a partire da Marzo.

Se hai un caro affetto da Alzheimer e hai bisogno di aiuto, la Domus Santa Rita è la struttura ideale a cui rivolgersi.

In attesa di migliori sviluppi, possiamo prenderci cura del tuo familiare nel modo migliore possibile, grazie al nostro preparatissimo staff e ad ambienti creati per offrire serenità, stimoli cognitivi e convivialità.

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L’interazione sociale allevia i sintomi psicologici e comportamentali dei pazienti con demenza

Oltre ai sintomi cognitivi, le persone affette da demenza senile presentano anche sintomi psicologici, come ansia o depressione, o delle problematiche comportamentali tra cui agitazione e talvolta aggressività.
Tali sintomi possono spesso comportare un importante aumento di stress sul caregiver o sugli operatori, a causa della difficile gestione degli stessi.
Fortunatamente, professionisti specializzati ed attenti, in una struttura dedicata, possono gestire con gentilezza e sicurezza ogni aspetto della malattia. Per farlo, occorre infatti inserire il malato all’interno di un contesto sociale e ricco di interazioni.

I vantaggi delle interazioni sociali
Secondo uno studio pubblicato su Geriatric Nursing, i pazienti maggiormente coinvolti in attività ed interazione con altri individui mostrano un’evidente riduzione dei sintomi psicologici e comportamentali problematici. Inoltre, la costante comunicazione con famiglia è risultata essere associata ad una diminuzione della gravità dei sintomi.
Appare quindi fondamentale massimizzare il coinvolgimento dei pazienti, così come le loro opportunità di socializzazione e interazione, come prevenzione efficace di tutti quei sintomi che possono rendere meno gestibile e sereno l’individuo affetto da demenza.

Proprio per questo, lo staff della Domus Santa Rita predispone spesso attività divertenti e stimolanti, che favoriscono la socializzazione e la condivisione tra i pazienti. In questo modo, l’anziano vive con maggiore serenità e benessere la propria condizione, prevenendo al tempo stesso il peggiorare della patologia.

Affidati ad una struttura specializzata e migliora la vita del tuo caro!
Ti aspettiamo alla Domus Santa Rita.

La perdita dell’udito negli anziani.

Una delle cause principali dell’isolamento e dell’apatia sociale nelle persone anziane è la perdita dell’udito.

Si tratta di una problematica che può colpire a qualunque età, ma ha un’insorgenza maggiore tra le persone di età compresa tra i 60 e gli 85 anni.

La perdita di udito negli anziani ha delle ripercussioni anche sui familiari e sulle persone che se ne prendono cura.

È quindi importante saper affrontare al meglio questa situazione per stabilire un equilibrio.

È bene che la persona anziana comprenda i rischi effettivi che corre ogni giorno.
Bisogna quindi, in primo luogo, spiegargli i pericoli relativi a questo problema: camminare da solo per strada, l’aumento dei casi di cadute in casa e il fastidio di non riuscire a sentire lo squillo del telefono.

Tuttavia, è giusto che il vostro caro conosca i progressi tecnologici fatti nel campo degli apparecchi acustici, diventati per lo più invisibili e molto discreti.

In tal modo dovreste riuscire a superare la reticenza iniziale e riuscire ad indurlo ad effettuare lo step successivo.

Una volta compresa l’importanza del riconoscere la propria ipoacusia, potrete fare ancora una cosa per lui: prendere un appuntamento con uno specialista. A seguito di specifici esami dell’udito, l’audioprotesista potrà comprendere il grado di deficit uditivo e indirizzarvi verso la protesi acustica più adatta alle vostre esigenze.

 

I benefici della camminata per gli anziani

Camminare è una pratica, sicura, piacevole, priva di controindicazioni, ed è particolarmente indicata per chi ha già superato i 65 anni. In assenza di particolari disturbi deambulatori, le persone over 65 possono mantenersi in forma camminando, questa attività consente infatti di bruciare le calorie, ridurre i livelli di colesterolo e proteggere l’apparato cardiovascolare, abbassando la pressione arteriosa e migliorando la circolazione sanguigna.

Nello specifico, svolgere una passeggiata di breve durata ogni giorno aiuta a debellare il processo di invecchiamento fisiologico: l’esercizio fisico rallenta la perdita di forza muscolare e di tessuto osseo che caratterizza l’età avanzata.

Anche il cuore ne trae beneficio: svolgere attività fisica con regolarità può determinare effetti positivi su efficienza cardio respiratoria e pressione. Inoltre riduce il rischio di contrarre patologie coronariche e infarti agendo sull’apparato cardiovascolare. 

Camminare comporta inoltre notevoli miglioramenti sul benessere psicologico dell’individuo. Mantiene allenate attenzione e memoria operando sul rendimento cognitivo: il movimento conserva in maniera attiva il livello di tensione, agendo sull’efficienza delle capacità esecutive e sui tempi di reazione.

Da considerare con attenzione sono i benefici sull’umore dell’individuo. Una sana passeggiata permette di scaricare la tensione e aiuta soprattutto i soggetti anziani a ridurre depressione e ansia.

Le donne Anziane possono trovarla utile nella lotta contro l’osteoporosi, tipica del periodo post menopausa.

Rallenta anche l’insorgenza di artrosi e previene le fratture del femore. Favorisce un utile controllo glicemico, migliorando il diabete di tipo 2 e combattendo l’obesità.

Infine, assume un importante valore con la motilità intestinale, riducendo la stitichezza.

COVID E DEMENZA SENILE: RAPPORTO ISS COVID 19

Indicazioni per un sostegno concreto alle persone con demenza nell’attuale scenario della pandemia di COVID-19

La demenza senile colpisce la memoria e le funzioni cognitive.

Pur avvalendosi delle migliori terapie disponibili, assicurare un supporto ottimale al malato non è mai facile, perché il progressivo declino cognitivo, con il tempo, determina una condizione di seria invalidità, nella maggior parte dei casi complicata da disturbi comportamentali che possono rendere particolarmente problematica e frustrante l’interazione con il paziente.

Nell’attuale scenario storico, le persone con demenza devono essere protette e supportate in modo mirato. In diversi Paesi europei, tra cui l’Italia, un’elevata percentuale dei decessi per COVID-19 (circa il 20%) si è verificato tra le persone con demenza, probabilmente per effetto della difficoltà ad aderire alle norme igienico-sanitarie e di salvaguardia individuale e della comune presenza di patologie croniche concomitanti.

Rapporto ISS COVID-19 • n. 61/2020

L’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha fornito indicazioni per un appropriato sostegno alle persone con demenza nell’attuale scenario della pandemia di COVID-19.

Un documento importante considerando che sia gli anziani che le persone affette da gravi patologie neurologiche, croniche e da disabilità sono popolazioni fragili e a maggior rischio di evoluzione grave se colpite da COVID-19.

La riorganizzazione delle attività cliniche e assistenziali rivolte alla persona con demenza, imperativa in questo momento storico, deve tenere conto:

del cambiamento dei bisogni di salute dei pazienti, che hanno spesso presentato un rilevante

peggioramento clinico nel corso dell’epidemia;

dell’aumentato stress assistenziale per i caregiver;

della necessità di ridurre il rischio di contagio da SARS-CoV-2, per utenti e operatori, nelle strutture socio-sanitarie;

della riorganizzazione strutturale generale dei servizi sanitari e socioassistenziali in atto.

L’obiettivo di questo documento è di fornire ai professionisti sanitari e socio-sanitari e ai caregiver alcune indicazioni pratiche per prevenire il contagio e fornire il supporto necessario a tutte le persone con demenza.

Scarica il documento completo:

Rapporto ISS COVID-19 61_2020