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Spiaggia per anziani Domus Santa Rita

Spiaggia per anziani Domus Santa Rita, per il benessere del tuo caro

Solo poche strutture possono garantire il meglio per il tuo caro.
La casa di riposo Domus Santa Rita dispone di ambienti curati e ben attrezzati per ogni circostanza. Tra questi, vi è la spiaggia per anziani Domus Santa Rita: una spiaggia privata, curata e ben attrezzata per rispondere a tutte le esigenze del tuo caro.
Soprattutto nel periodo primaverile ed estivo, la spiaggia per anziani Domus Santa Rita permette ai degenti della nostra struttura di tenere lontani caldo ed afa, spesso causa di malessere nelle stagioni più calde dell’anno.
Oltre a preservare salute e benessere dei nostri ospiti, la spiaggia per anziani Domus Santa Rita offre piacevoli momenti di convivialità e relax. La ventilazione dovuta alla brezza marina mantiene una temperatura ideale per non soffrire l’afa tipica di questo periodo e la spiaggia sabbiosa consente gradevoli passeggiate sul bagnasciuga, favorendo il movimento fisico con tutti i benefici che ne conseguono.
La nostra spiaggia è aperta anche ai familiari degli ospiti in visita ed è dotata del personale e delle attrezzature necessarie per garantire una permanenza sicura, rilassante e gratificante al tuo caro.
Per maggiori informazioni sulla spiaggia per anziani Domus Santa Rita, vieni a trovarci a Roma in Via Bolzano, Marina di Ardea oppure contattaci ai num. 06 913423 – 06 9134668.
Siamo a tua disposizione per ogni informazione!

festa dei nonni

Festa dei Nonni

Festa dei Nonni: oggi festeggiamo i nostri angeli custodi!

Oggi, 2 Ottobre 2017, si celebra la Festa dei Nonni, una ricorrenza recentemente giunta anche in Italia che vuole ricordare l’importanza del ruolo svolto dai nonni all’interno delle famiglie e della società.
Grazie ai nostri nonni, infatti, tante delle meccaniche familiari e sociali riescono a rimanere in vita nonostante i tempi siano cambiati in maniera drastica. Mamme al lavoro, genitori sempre più indaffarati e sempre meno presenti accanto ai figli vengono perciò compensati dalla presenza costante ed affidabile dei nonni, oggi vera colonna del nucleo familiare per tantissimi nipotini.
Il fatto che ricada proprio in questa data, infatti, non è un caso: oggi, infatti, si celebrano anche i cosiddetti “Angeli Custodi”.
Ed è proprio questo, probabilmente, il ruolo più importante dei nostri anziani. Al di là del valore sociale e familiare che rivestono, i nonni di tutto il mondo rappresentano, soprattutto per i bambini e i nipoti, un punto di riferimento fondamentale nella crescita e un ricordo confortante e protettivo da grandi.
Non si tratta, tuttavia, solo di una questione affettiva: l’aiuto dei nonni, infatti, innesca una spirale di economie positive, permettendo alle mamme di riprendere il lavoro e alle famiglie di risparmiare i costi di strutture private e baby sitter a cui affidare i bambini, per un valore compreso tra i 496 milioni e gli 1,3 miliardi di euro.
L’importanza di tale ricorrenza è dimostrata da una legge apposita, del 2005, la quale prevede che regioni, province e comuni debbano promuovere iniziative ed eventi utili alla “valorizzazione del ruolo dei nonni” e a porre l’attenzione, soprattutto quella dei giovani, sull’importanza del ruolo di nonni e anziani.
Oggi, perciò, ricordate di offrire un pensiero ai vostri nonni!

malati di alzheimer

Insieme ai malati di Alzheimer invecchiano anche i caregivers

Malati di Alzheimer in Italia: la loro condizione influenza anche i familiari.

Il nostro paese è il più longevo d’Europa: se da un lato è bello sapere che gli italiani vivono più a lungo, dall’altro non si può non pensare al problema Alzheimer.
sono circa 600.000 i malati di alzheimer soltanto in Italia e, in vista di un ulteriore invecchiamento della popolazione, è un numero destinato ad aumentare.
Ad invecchiare, però, non sono soltanto i malati: l’età media di un individuo affetto da Alzheimer è ora di 78-79 anni (73 nel 1999), mentre l’età dei caregivers slitta dai 53 anni del 1999 ai 59 anni di oggi! Inoltre, i caregivers dedicano al proprio malato mediamente 4 ore al giorno di assistenza diretta e 10 ore di sorveglianza: tali numeri impongono necessariamente la condizione di disoccupazione del caregivers, che non potrebbe altrimenti permettersi di curare il malato nell’arco della giornata.
Ma un individuo che si sta affacciando alla terza età può permettersi un tale dispiego di energie ed una responsabilità simile nei confronti di un malato?
La condizione degli attuali caregivers, infatti, ha delle ripercussioni notevoli anche sulla salute fisica e psicologica, specialmente nel caso delle donne: l’80,3% accusa stanchezza, il 63,2% non dorme a sufficienza, il 45,3% afferma di soffrire di depressione, il 26,1% si ammala spesso.
La medicina sta compiendo passi da gigante nello sforzo di trovare una cura efficace contro questo insidioso morbo, tuttavia non bisogna nemmeno dimenticare chi spende la propria vita nell’assistenza ai malati.
La Domus Santa Rita è una struttura specializzata e attrezzata per prendersi cura nella maniera più adeguata dei malati di Alzheimer. L’ambiente che si respira nella nostra casa di riposo non è ospedaliera, come in molte tristi realtà, ma accogliente e familiare, ricca di stimoli e di un personale altamente qualificato che sarà a completa disposizione del vostro caro. Gentilezza, affabilità, rispetto e conforto non mancano mai alla Domus Santa Rita.
Visita la nostra struttura o chiedi informazioni al numero: 06 913423 .
Ti aspettiamo!

caregivers

Alzheimer, il dramma dei caregivers

Il mondo sta invecchiando: è ciò che emerge dagli ultimi studi, che offrono un quadro sempre più sconsolato della situazione non soltanto italiana ma di tutto il mondo.
Nel nostro paese, il più longevo d’Europa, gli affetti dal morbo di Alzheimer sono circa 600mila e si tratta di un numero destinato a crescere: secondo l’Adi (Alzheimer’s Disease International) la stima è che nel 2015 ci siano stati nel mondo 9,9 milioni di nuovi casi, uno ogni 3,2 secondi, il 30% in più rispetto al 2010.
L’aumento dei casi e dell’incidenza del morbo di Alzheimer conduce necessariamente ad un impatto sempre più gravoso sulle famiglie, che si trovano a fronteggiare situazioni di disagio e frustrazione. Spesso, prendersi cura di un malato di Alzheimer comporta non poche problematiche in altri aspetti della vita dei cosiddetti caregivers, costretti a dividersi tra il lavoro e la cura del malato, rinunciando magari a svaghi ed hobby.
L’età media dei cosiddetti caregiver – coloro che prestano assistenza, spesso appunto familiari – è salita dai 54,8 anni nel 2008 ai 59,2 di oggi. Dedicano ai malati mediamente 4,4 ore al giorno di assistenza diretta e 10,8 ore di sorveglianza.
Ma la drammatica situazione dei caregivers non si esaurisce qui: l’80,3% accusa stanchezza, il 63,2% non dorme a sufficienza, il 45,3% afferma di soffrire di depressione, il 26,1% si ammala spesso.
Tali conseguenze derivano dall’impegno estremamente gravoso che la malattia di Alzheimer comporta, un impegno che, in mancanza di assistenza professionale e preparata, rischia di portare a condizioni di forte tensione, malcontento, infelicità, disagio.
In queste situazioni, la richiesta di aiuto presso una struttura rappresenta la scelta più saggia da fare: in case di cura come la Domus Santa Rita, è possibile trovare un personale altamente qualificato, capace di accogliere ed assistere il tuo caro con sensibilità e professionalità.
Contattaci per ricevere tutte le informazioni di cui hai bisogno!

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Parkinson e Alzheimer, una speranza da nuovi farmaci

Parkinson e Alzheimer, una recente ricerca apre nuove speranze per la lotta contro le malattie neurologiche.
A distanza di quasi un mese dalla giornata dedicata all’Alzheimer, il morbo che nel nostro Paese vede ammalarsi una persona ogni dieci minuti, giunge una notizia ricca di speranza.

Una notizia che potrebbe portare a risultati importantissimi non soltanto nella battaglia contro questa odiosa malattia, ma anche su altri tipi di degenerazione neurologica quali il Parkinson: un farmaco in grado di prevenire e contrastare la morte delle cellule cerebrali.
La notizia giunge dall’Inghilterra e si propone come un punto di svolta nella ricerca di farmaci per il controllo e la prevenzione del morbo di Alzheimer.
La ricerca si basa su delle proteine “piegate male”, che smettono di operare determinando anche la morte di altre proteine fondamentali per il cervello. Questa volta, anziché tentare gli approcci tradizionali, si è cercato di riattivare la produzione di proteine, sbarrando la strada al morbo.
L’effetto positivo del trattamento sulle cavie animali è sorprendente, a detta di Giovanna Mallucci dell’Università di Leicester, a capo della ricerca: i topi trattati erano completamente protetti dalla malattia. Sebbene gli effetti collaterali siano ancora piuttosto duri e il trattamento sia effettuabile solo su cavie animali, le premesse sono molto convincenti. Bisognerà attendere ancora un decennio perché tali risultati possano tradursi sull’uomo, ma tanto basta a infondere nuova speranza sul nostro futuro, che immaginiamo sempre più libero dalla minaccia delle malattie neurodegenerative.

chiedere aiuto ad una casa di cura

Chiedere aiuto ad una casa di cura è importante

Chiedere aiuto ad una casa di cura quando si hanno casi di Alzheimer in famiglia è veramente importante.

Il morbo di Alzheimer è una delle malattie più temute del nostro secolo, non soltanto per i drammatici effetti che produce sulla mente dell’individuo, ma anche per le ripercussioni che ha sulla famiglia del malato e su coloro che lo assistono.
L’assistenza, in questo frangente, diventa un compito difficile ed estremamente gravoso, dunque è importante fronteggiare la realtà delle cose e fare i conti con le proprie forze ed energie. Accettare di avere bisogno di aiuto e condividere il proprio peso è il primo passo per affrontare la situazione nel modo giusto: per un caregiver, infatti, non vi è soltanto un peso sociale ed economico ma anche e soprattutto emotivo.
Innanzitutto, si sperimenta un senso di perdita, legato all’inevitabile cambiamento dell’individuo affetto da Alzheimer, nel quale non si riconosce più l’amico, il compagno, il familiare di un tempo; tale sensazione può amplificarsi nel momento in cui il malato giunge a non riconoscere più le persone che lo circondano.
Tale condizione può portare ad un senso di rabbia ed angoscia, dettato dall’impotenza rispetto al decorso della malattia e agli effetti che questa produce sul malato, o anche ad un certo imbarazzo, soprattutto in pubblico.
Comune è anche il senso di colpa, dovuto all’incapacità di poter sostenere con costanza e con durevolezza il proprio caro: in questo caso, pensare di chiedere aiuto ad una struttura specializzata come la Casa di Cura non è sbagliato! Bisogna saper rispettare i propri limiti, accettare la necessità di rivolgersi a dei professionisti, ma soprattutto convincersi che rivolgersi ad una casa di cura non corrisponde ad un abbandono. Anche dopo la presa in carico, i familiari continuano ad essere parte integrante della vita dell’anziano, attraverso visite frequenti e la condivisione di eventi festivi importanti.
Chiedere aiuto ad una casa di cura non è una resa, ma una grande dimostrazione di coraggio ed amore!

prevenire l'alzheimer

Prevenire l’Alzheimer con l’alimentazione

Prevenire l’Alzheimer attraverso accorgimenti naturali ed una vita sana e attiva.

Nonostante gli importanti progressi nell’ambito della ricerca, il morbo di Alzheimer è una malattia in gran parte ancora ricca di misteri per noi e, pertanto, continua a far paura.
Il tasso di incidenza, in crescita insieme al progressivo invecchiamento della popolazione, rivela numeri sempre allarmanti ma che è possibile contrastare grazie ad una buona prevenzione, l’unica vera arma che abbiamo per combattere il morbo.
Ma che cosa intendiamo con “prevenire l’Alzheimer”?
Tenere la mente in allenamento è un fattore importantissimo per tenere lontano il rischio di malattia, ma un ruolo di rilievo è giocato anche dal nostro stile di vita e dall’alimentazione.
Studi epidemiologici hanno infatti dimostrato che il 70% circa dei casi di Alzheimer possono essere prevenuti grazie ad una dieta ricca di frutta e verdura: tali alimenti, infatti, apportano al nostro organismo composti bioattivi e nutrienti quali vitamine C,E, D e acido folico.

Antiossidanti e anti-infiammatori preservano le facoltà cognitive e, negli ultimi tempi, anche il glucosio ha acquistato valore agli occhi degli studiosi nell’ambito della lotta all’Alzheimer.

Questo perché lo zucchero rappresenta una componente nutrizionale indispensabile per la sopravvivenza del nostro cervello, e quindi per le nostre facoltà cognitive.
D’altra parte, sono da evitare i cibi ricchi di rame, come il fegato o i frutti di mare, che ostacolano lo smaltimento del beta-amiloide, favorendone il deposito.
Regolare la nostra dieta e condurre uno stile di vita più sano comporta innumerevoli miglioramenti, non solo dal punto di vista fisico ma anche a livello psicologico, permettendoci di sfruttare al meglio le nostre facoltà e aiutandoci a preservarle nel tempo.

morbo di Alzheimer

Morbo di Alzheimer, il ruolo della famiglia

Il morbo di Alzheimer è un serio problema che affligge la terza età. Ma la famiglia, con il supporto di una struttura adeguata, può fare tanto!

Una delle cose più difficili nella nostra vita e accettare di invecchiare. Quando arriva il momento in cui bisogna fare i conti con una mente non più scattante e con un fisico che non risponde più come vorremmo, si mette in discussione non soltanto la sfera personale ma anche quella relazionale e, in particolare, il rapporto con la propria famiglia. In questo frangente, i propri cari rappresentano un supporto fondamentale per l’anziano, che solo attraverso le attenzioni e la vicinanza dei familiari può ritrovare la serenità e lo stato d’animo giusto per vivere appieno anche questa età della vita.
Tuttavia, quando bisogna confrontarsi con l’insorgere di una malattia, le cose diventano più difficili, non soltanto per l’anziano, ma anche per chi si prende cura di lui. Nel caso di malattie neurodegenerative come il morbo di Alzheimer o la demenza senile, la riduzione delle abilità e dell’autonomia personale determina una trasformazione radicale delle condizioni di vita di tutta la famiglia, sia a livello pratico-comportamentale che affettivo-relazionale. E’ necessario prendersi cura costantemente del malato, ogni ambiente deve essere adattato al soggetto allo scopo di evitare aggravamento di disturbi comportamentali o incidenti, e in questo contesto è normale che gli equilibri familiari ne risentano.
Il disagio generato dalla necessità di prendersi cura del malato, la difficoltà di conciliare impegni lavorativi e relazionali, lo stress e la frustrazione legati all’incapacità di comprendere fino in fondo le necessità del proprio caro… tutti questi fattori innescano una serie di dinamiche psicologiche che rischiano di minare l’intero nucleo familiare.
Scegliere una casa di cura, a questo punto, non deve configurarsi come una scelta di abbandono, ma come una decisione dettata dall’amore per il proprio familiare malato. Di primo acchito, siamo portati a biasimare la scelta della casa di cura, soprattutto per l’allontanamento del malato dalla propria casa, ma con un ragionamento più razionale possiamo renderci conto di quanto la situazione possa migliorare, grazie all’aiuto di esperti del settore e di professionisti affidabili.
Domus Santa Rita dispone di una struttura ideale ad accogliere il tuo caro, dotata di tutto ciò di cui un anziano ha bisogno per sentirsi a proprio agio, e il personale è attento, cortese, disponibile all’ascolto: chi opera nella struttura Domus Santa Rita conosce l’importanza del calore umano e di quei piccoli gesti capaci di dare luce anche ai momenti più bui della nostra vita.

memofilm

Memofilm, l’uso del cinema contro le demenze

Nonostante i numerosi passi avanti effettuati dalla ricerca negli ultimi anni, attualmente, l’Alzheimer e le altre forme di demenza affliggono ancora milioni di persone in tutto il mondo e le soluzioni farmacologiche e cliniche rappresentano ancora una sfida per la medicina contemporanea, tuttora incapace di fornire una risposta efficace ad uno dei problemi più sentiti della nostra epoca.
Dati gli scarsi risultati, si è cercato parallelamente di realizzare tutta una serie di interventi di tipo non farmacologico, rivolte piuttosto alla cognitività dell’individuo e che si basano su una visione olistica secondo la quale ogni persona si esprime e si realizza in maniera equivalente attraverso il contributo di competenze cognitive, emozionali ed affettive.
Tra i progetti più interessanti troviamo “Memofilm”, nato nel 2008 con la collaborazione tra ASP Città di Bologna e Cineteca di Bologna.
Si tatta di un particolare strumento audiovisivo pensato per il paziente affetto da malattia neurodegenerativa che si propone da un lato di riorientare il paziente rispetto all’ambiente
in cui vive, al tempo della propria storia personale, e dall’altro di contrastare la frammentazione psichica causata dalla malattia, migliorando in questo modo i comportamenti di adattamento.
Grazie alla collaborazione determinante dei familiari dell’assistito e degli operatori sanitari, si ricrea un filmato realizzato con materiali appartenenti all’universo sensoriale, percettivo e affettivo dell’individuo, della durata di circa 15-20 minuti, da sottoporre al paziente quotidianamente. Il filmato dovrebbe produrre stimoli positivi ed utili dal punto di vista cognitivo, ma anche se non sono stati osservate variazioni significative in questo senso nei casi analizzati, importantissimi sono i risultati osservati nell’evoluzione del BPSD (Behavioral and Psychological Symptoms of Dementia). Si è, infatti, rilevata un’alterazione del punteggio NPI nei soggetti sottoposti alla visione del Memofilm: nella maggior parte dei casi si è assistito ad una diminuzione del punteggio NPI, anche a seguito di un mese di sospensione della visione del Memofilm.
Dodici pazienti su tredici sono stati in grado di riconoscere persone, oggetti e situazioni rappresentate nel Memofilm e il riconoscimento della propria abitazione ha prodotto la cessazione del delirio di fuga in un caso singolo e il miglioramento di comportamenti iterativi e inadeguati in tre casi.
Lo strumento è utile anche per valutare il logoramento psico-fisico prodotto dal BPSD sui caregivers e sulle figure professionali che prestano assistenza ai malati di demenza, che dimostrano nella maggior parte dei casi una riduzione dello stress a seguito della visione del memofilm.
In conclusione, il progetto sembra mostrare risultati prevalentemente positivi e potrebbe aprire altri percorsi capaci di unire arte e scienza e di offrire un contributo importante nell’ambito di problematiche sentite anche dal punto di vista sociale, proprio come nel caso dell’Alzheimer e delle demenze.

alzheimer e perdita della memoria

Alzheimer e perdita della memoria, al lavoro per un farmaco futuro

Alzheimer e perdita di memoria rappresentano tematiche di grande preoccupazione per gli anziani.

Secondo un nuovo studio condotto dai ricercatori dell’Università di Southampton, l’infiammazione al cervello può avere un ruolo centrale nello sviluppo di Alzheimer e perdita della memoria, dunque trattare tale stato infiammatorio può aiutare a combattere il morbo stesso.
E’ su questo risultato che i ricercatori inglesi si sono concentrati, conducendo esperimenti su un particolare agente chimico che sembra essere in grado di ridurre la neuroinfiammazione, con un potenziale effetto positivo sui problemi ed i comportamenti legati al morbo di Alzheimer.
Lo studio, pubblicato sulla rivista “Brain”, è partito con l’osservazione del tessuto di cervelli sani e di cervelli colpiti da Alzheimer e perdita della memoria, che riportavano livelli maggiori di cellule immuni: ciò suggeriva la presenza di una infiammazione, in quanto le molecole che regolano il numero di cellule della microglia diventano più attive con il progredire della malattia di Alzheimer, generando quindi un livello maggiore di infiammazione.
Si è poi passati all’osservazione di una sostanza chimica nota come GW2580, che sembra essere in grado di ridurre la perdita di memoria e i problemi comportamentali dei topi a cui è stata somministrata, affetti da disturbi simili all’Alzheimer.
Il gruppo di ricerca è quindi ad un passo dal dimostrare che l’Alzheimer si può effettivamente contrastare, ed ora è pronto a collaborare con i partner dell’industria farmaceutica per dare vita ad un farmaco sicuro ed adeguato ai test, così da poterne riscontrare gli effetti positivi anche sull’uomo.
Anche se al momento non si ha nulla di certo, lo studio resta entusiasmante ed incoraggiante per tutta la comunità scientifica, conscia della necessità di trovare un trattamento capace di rallentare o possibilmente fermare lo sviluppo della malattia più preoccupante del nostro secolo.